Blair Waldorf e Serena Van der Woodsen esistevano già nei primi del ‘900, ma si contendevano un reame diverso da New York: la Parigi degli anni ’30.
Coco Chanel, infatti, dal 1927 ha dovuto dividere la corona e il regno con un’altra regina: Elsa Schiaparelli.
Amante della filosofia e dell’arte, Schiaparelli è stata il demiurgo della moda surrealista. Grazie a lei abbiamo il rosa shocking, o “rosa Schiaparelli”, e la giusta attitude per essere “too much” senza tralasciare stile ed eleganza.
Italiana d’origine, la strada per l’olimpo della moda è quella che la porta in rue du Faubourg Saint-Honoré (a quanto pare è la via dove accadevano cose. Vi ricorda niente? Un certo Hermès?), Parigi, da Paul Poiret. Lui la prese come allieva insegnandole il mestiere, ma è grazie alla sua genialità e intuizione che Elsa inizia la sua ascesa.
Ribaltando i canoni del maglione, fino a quel momento utilizzato solo come capo comodo in campagna, nel 1927 crea il “doppio nodo”: un maglione con lo scollo a V impreziosito dal disegno trompe-l’oeil di un fiocco. L’idea ebbe un successo immediato in Europa, ma soprattutto in America.
Coco e Elsa infiammano così le strade della Ville Lumière con i loro stili diametralmente opposti: Chanel, in rue Cambon, regalava abiti di classe, semplici ed eleganti; Schiaparelli, in rue de la Paix prima e place Vendôme poi, osava con forme e colori. Entrambe stavano creando il DNA delle maison che tutt’ora portano il loro nome e che il turnover, nel tempo, di direttori artistici alla loro guida non ha mai intaccato.
Nietzsche diceva: “Come artista, un uomo non ha altra patria in Europa che Parigi”. Proprio a Parigi, infatti, Elsa Schiaparelli incontra personaggi del calibro di Salvador Dalì e Jean Cocteau che influenzano la sua arte. Non a caso Schiaparelli è sinonimo di moda surrealista, dove l’immaginazione trova la propria libertà espressiva in forme e tessuti dall’intento provocatorio.
Lo stesso rosa shocking, creato nel 1936, è una provocazione rispetto alla moda del tempo che prediligeva colori più tenui e sobri. Dopotutto, con il crollo di Wallstreet del ’29, il clima non era il più adatto per la sopravvivenza dei fasti degli anni ’20.
Woody Allen, in questo caso, la sa lunga: “Compito dell’artista non è di soccombere alla disperazione, ma di trovare un antidoto per la futilità dell’esistenza”. Ecco, quindi, che Schiaparelli attinge alle regole di base del surrealismo per superare “la dittatura della ragione”.
Famosi sono il cappotto da sera con i volti di due amanti ricamati, disegnati da Jean Cocteau stesso, e il cappello a forma di scarpa ispirato da Dalì, ma soprattutto indimenticabile è l’“Elsa Schiaparelli skeleton dress” che tanto colpì la società americana.
Con la Seconda guerra mondiale l’azienda subisce forti danni e non si riprende più, a causa anche del New Look di Christian Dior presentato nel 1947. La silhouette Schiaparelli, infatti, è condannata a passare di moda poichè legata ad un concetto di femminilità ormai superato. Nel 1954, la maison chiude in bancarotta.
Perché però oggi sentiamo nuovamente tanto parlare di Schiaparelli? Nel 2010, l’imprenditore italiano Diego Della Valle ha rilevato il brand dandogli nuova vita. Viene restaurata la sede storica in place Vendôme e Christian Lacroix diventa il nuovo direttore creativo. Il 2014 è l’anno in cui, finalmente, Schiaparelli fa il suo debutto: va in scena la prima collezione; inizialmente solo Haute Couture, nel 2015 viene introdotto anche il Ready-To-Wear.
Dal 2019, il direttore creativo è Daniel Roseberry che, collezione dopo collezione, riesce a reinterpretare il DNA della maison senza perdersi tra le sperimentazioni. Degna di nota è l’ultima creazione di Roseberry in occasione della cerimonia d’insediamento di Joe Biden, nel gennaio 2021. Il designer ha personalmente disegnato il completo indossato da Lady Gaga che si è esibita cantando l’inno americano: una gonna in seta rossa abbinata ad una giacca blu scuro in cashmire su cui risalta una spilla oro raffigurante la colomba della pace quale simbolo di speranza per il futuro.
La maison Schiaparelli risorge quindi come una fenice dalle proprie ceneri, restando fedele a sé stessa e a quella visione surrealista della realtà che, in questi tempi bui, permette un più che apprezzato escapismo.
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