Io so cosa vogliono le donne. Vogliono essere belle.
Con questa convinzione, Valentino Clemente Ludovico Garavani, meglio conosciuto come solo Valentino, ha iniziato la sua avventura nel mondo della moda. Nato a Voghera, Pavia, l’11 maggio 1932, già giovanissimo affianca la sarta del paese, Ernestina Salvadeo, e appena maggiorenne decide di iscriversi ad una scuola di figurino a Milano. Vola quindi in Francia per perfezionarsi all’École de La Chambre Syndicale de la Couture, in una Parigi che profumava di innovazione, arte e moda.
Se potessimo fondere in un’unica personalità Ernest Hemingway ed Eugenio Montale, probabilmente avremmo frasi come: Parigi è la scintilla che dice tutto comincia. Nella capitale francese, infatti, Valentino ottiene la fiducia di Jean Dessés e di Guy Laroche e lavora come designer nei loro atelier per tutti gli anni ’50, finché non decide di tornare in Italia. Nel 1957 arriva così a Roma, e gli stilisti Emilio Schuberth e Vincenzo Ferdinandi lo prendono sotto la loro ala.
Forte dei tanti anni di esperienza, Garavani nel 1959 apre il suo primo atelier utilizzando semplicemente il nome “Valentino” e fonda, grazie ai finanziamenti del padre e di altri soci, la Valentino S.p.a. La sua reputazione e il suo stile, che mescola le luci della Ville Lumière con la joie de vivre italiana, conquistano l’élite capitolina che affolla via Condotti. Nonostante il successo, tuttavia, gli alti costi di gestione spingono i soci a ritirarsi e la società rischia la bancarotta.
Provvidenziale, a questo punto, è l’incontro con Giancarlo Giammetti nel 1960: i due iniziano un sodalizio lungo 50 anni che sarà la fortuna della società, con Garavani che si occupa esclusivamente dell’aspetto creativo e Giammetti di quello finanziario. Valentino e Giancarlo, compagni di vita e di business, creano quindi la “Valentino Haute Couture” e pongono la prima pietra del loro impero.
La consacrazione a livello internazionale arriva nel 1962: per la prima volta, Valentino ottiene la possibilità di portare sulla passerella della Sala Bianca di Palazzo Pitti, Firenze, le creazioni della “Valentino Haute Couture”. L’appuntamento è per l’ultima ora dell’ultimo giorno delle collezioni d’autunno. Tutto il mondo resta incantato dalla grazia e dalla moderna eleganza degli abiti proposti dal giovane couturier. Vogue Francia gli dedica due pagine nel nuovo numero e la stampa americana, capitanata da Vogue America, lo acclama come “The Chic”.
In poco tempo è lo stilista italiano più richiesto: Audrey Hepburn è tra le clienti di spicco, Elizabeth Taylor e Jackie Kennedy lo scelgono per le proprie nozze, la prima con Larry Fortenski, la seconda con Aristotele Onassis. Le sfilate di Valentino diventano dei veri e propri eventi a cui partecipa la crème de la crème delle attrici, socialites e mogli di politici e imprenditori, tutte in abito da sera.
Il successo della maison è tale che il sindaco di Beverly Hills consegna a Garavani le chiavi della città e organizza il “Valentino’s day”. Nel 1967, Valentino riceve il premio Neiman Marcus, l’equivalente degli Oscar cinematografici per il mondo della moda, e lo stesso anno presenta la prima collezione uomo.
Alla Haute Couture, ben presto si affianca la linea prêt-à-porter e la “V” diventa il simbolo distintivo dell’azienda in un’epoca in cui il monogramma ancora non aveva fatto la sua comparsa.
Il più grande merito dello stilista è, però, quello di aver donato al mondo il Rosso Valentino. Non è solo carminio, non è solo corallo, né porpora o cadmio, è effettivamente un mix di tutte queste sfumature, prendendo in prestito le parole di Miranda Prestley. Il rosso narra la vita, l’ambizione, il successo, a Roma è il colore degli imperatori e Valentino è l’ultimo imperatore della moda, come viene chiamato nel documentario del 2008 che racconta gli ultimi due anni di attività del designer.
Leggenda vuole che, durante una vacanza a Barcellona, Garavani si trovi a teatro per la rappresentazione della “Carmen” e resti folgorato da un’anziana signora che, nel suo abito di velluto rosso, spicca tra la folla.
È un colore forte ma al tempo stesso è un non colore, è neutro: come il nero, il marrone, il blu, il bianco. Penso che una donna vestita di rosso, soprattutto di sera, sia meravigliosa. È, tra la folla, la perfetta immagine dell’eroina.
Verso la fine degli anni ’90, dopo una vita di successi e 45 anni di lavoro, Valentino decide di fare un passo indietro e, nel 1998, i due soci vendono l’azienda al gruppo Holding di Partecipazioni Industriali SpA (HdP); il couturier mantiene comunque il ruolo di direttore creativo. Nel 2002, la società viene nuovamente ceduta, stavolta al Gruppo Marzotto e, nel 2008, al museo Rodin di Parigi, va in scena l’ultima sfilata di alta moda disegnata da Valentino Garavani. “È un po' la summa di tutto quello che so fare” dice.
Rimpiango quando non c’erano limiti a opulenza ed eleganza. Ma forse me ne sono andato in tempo, perché ora non potrei fare più quello che facevo.
Per due anni Alessandra Facchinetti lo sostituisce alla direzione creativa, dopo di che il testimone passa al duo formato da Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli, già da dieci anni a capo della linea accessori. I designer collaborano fino al 2016, anno in cui la Chiuri diventa direttore creativo per Dior e Piccioli prende quindi le redini della maison. Valentino, nel frattempo, sta realizzando un altro suo sogno: disegnare i costumi per l’opera. Gli abiti con cui gli attori si sono esibiti ne “La Traviata” di Sofia Coppola portano infatti la sua firma.
Mi sono sempre detto che quando avrei smesso di disegnare i capi per l’Alta Moda avrei voluto disegnare costumi per il balletto.
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